|
Dewey
Dewey, John
Dewey, John (Berlington, Vermont
20.10.1859, New York 1.6.1952
, filosofo e pedagogista statunitense. Sviluppò i presupposti del pragmatismo in una prospettiva originale,
da lui denominata
strumentalismo.
Dopo aver insegnato nella scuola media superiore, conseguì il dottorato di filosofia presso l'Università
di Baltimora, dove si dedicò allo studio del pensiero di Hegel. In seguito, si allontanò
dall'approccio idealistico e approfondì i temi del pragmatismo. Dal 1894 al 1904 insegnò filosofia all'Università
di Chicago, dove fondò una scuola-laboratorio, basata sull’esperienza attiva.
Le idee di Dewey e la sua difesa degli ideali democratici influenzarono in parte il "nuovo corso"
(New Deal) inaugurato dal presidente americano Franklin Delano Roosevelt. Egli non mancò inoltre
di
denunciare i crimini dei processi staliniani in Unione Sovietica. In seguito sostenne l'intervento americano
nel secondo conflitto mondiale.
Le sue numerose opere spaziano dal campo della psicologia a quello della pedagogia, dalla logica ai
problemi della religione, dall'etica all'estetica. Si ricordano, in ordine di apparizione, le principali: Il
mio credo pedagogico (1897), Etica (in collaborazione con James Tufts, 1908), Come pensiamo
(1910), Democrazia ed educazione (1916), La ricerca della certezza (1929), Arte come
esperienza (1934), Logica, teoria dell'indagine (1938), che costituisce il vertice della
ricerca epistemologica di Dewey, e infine Esperienza ed educazione (1938). A novant'anni, nel
1949, Dewey
pubblicò, insieme con A.F. Bentley, Conoscenza e transazione.
Dewey muove dall'esigenza di conseguire un punto di vista globale per la comprensione tanto della natura
quanto del comportamento umano, intesi nella loro relazione dinamica. Da un lato egli risente
dell'influsso del pensiero di Hegel, che lo porta a considerare l'azione dell'uomo non isolatamente,
ma nel suo contesto sociale e storico, dall'altro egli teorizza un "naturalismo organicistico",
che si
ispira all'evoluzionismo biologico di Darwin. Da quest'ultimo Dewey riprende la concezione di una relazione
fra organismo e ambiente, che egli generalizza attraverso il concetto di "transazione" ed
estende al campo conoscitivo. La conoscenza appare in questo modo come una risposta al presentarsi di
situazioni problematiche, quali nascono nel contesto del rapporto pratico dell'uomo con il
mondo. A questa concezione si collega un concetto nuovo di esperienza, non più limitato ai dati della
sensazione della gnoseologia dei filosofi empiristi: l'esperienza comprende ora "ciò che gli uomini
fanno e soffrono, ciò che ricercano, amano, credono e sopportano, e anche il modo in cui gli uomini
agiscono e subiscono l'azione esterna, il modo in cui essi operano e soffrono, desiderano e
godono, vedono, credono, immaginano".
Muovendo da questo orizzonte filosofico, Dewey perviene a una concezione della logica come una teoria
dell'indagine, intesa in senso strumentale, nel senso che l'indagine mette capo a uno strumento
per l'azione. Pur riallacciandosi al pragmatismo di Peirce e di James, Dewey preferisce parlare di "strumentalismo"
per distinguere le proprie concezioni gnoseologiche e logiche. Tipico dello
strumentalismo deweyano è il superamento dei classici dualismi della filosofia: fra teoria e azione,
fra ambito fisico e psichico, fra mondo naturale e storico, ma anche fra scienza e senso comune.
Sul piano etico Dewey afferma l'esigenza di superare la contrapposizione, tipicamente kantiana, fra
ragione da un lato e istinto e abitudine dall'altro. Anche le abitudini concorrono infatti all'azione
morale, intesa come frutto di una scelta razionale e volontaria.
Inoltre Dewey teorizza il carattere inscindibile del legame che sussiste fra mezzi e fini dell'azione:
i primi non possono consistere in comportamenti che contraddicano il fine che vogliono raggiungere,
ma
devono già realizzare in se stessi il fine. Si tratta di una concezione che comporta il rifiuto di ogni
dottrina che asserisca che "il fine giustifica i mezzi", legittimando così anche azioni moralmente
spregevoli.
Oltre che nell'etica, anche nell'estetica si realizza una compenetrazione tra fini e mezzi, nel senso
di una convergenza dell'utile con il bello all'interno di un'attività, l'arte, che è anch'essa una forma
dell'interazione dell'uomo con l'ambiente.
Laddove la pedagogia tradizionale era essenzialmente nozionistica e mnemonica, quella teorizzata da
Dewey è fondata, coerentemente con le sue concezioni generali, sul carattere attivo
dell'educazione e sul riconoscimento della sua rilevanza sociale. Ne nasce il programma di una "scuola
attiva", che fa leva sugli interessi del fanciullo e lo educa senza trascurarli, che inoltre unifica
gioco
e lavoro, sollecitando nel discente la verifica dei propri errori. L’insegnante non deve trasmettere
valori precostituiti, ma promuovere la maturazione delle capacità di giudizio.
Dewey è un convinto sostenitore della superiorità della democrazia su ogni altra forma di organizzazione
sociale e politica: solo la democrazia garantisce la piena libertà di discussione, la partecipazione
di tutti i cittadini alla formazione dei valori, delle regole e delle decisioni. In questo modo Dewey
si fece interprete delle istanze di rinnovamento democratico della società americana nell'età del New
Deal, così come con il suo strumentalismo filosofico impersonò più di ogni altro il nuovo spirito pratico
ed empiristico americano.
Microsoft ® Encarta ® Enciclopedia Plus. © 1993-2002 Microsoft Corporation. Tutti i diritti riservati.
|